Riflessioni

L’essenziale è invisibile agli occhi

La possibilità di incidere nella realtà e la capacità di guardare oltre, alla ricerca del filo sottile che lega i destini, in un racconto di Andrea Castiglioni.

In un tempo lontano tra le steppe siberiane…

La neve scricchiolò sotto il passo sicuro di un vecchio scarpone usurato illuminato solo dagli ultimi flebili raggi del sole. Due occhi scuri intabarrati incedevano a fatica nel vento gelido, duro e dolce allo stesso tempo.

Che strana cosa il vento… non si vede, non si tocca, non si afferra, eppure nessuno degli abitanti delle steppe russe avrebbe mai negato la sua esistenza quando sentiva la pelle tagliata dal suo sferzare.
Forse quell’uomo altro non era che il vento…
«Chi è quel signore?» domandò con disprezzo un giovanotto altolocato vedendolo entrare nel villaggio di Brenesky.
«È Veter!» gli rispose, stupito della domanda, un bambino che stava giocando con della neve sporca.
«Veter? Che strano nome…» affermò sogghignando il giovanotto. 
«Significa “vento”, ma dicono non sia il suo vero nome…» ribatté il bambino.
«Certo che questi sciocchi popolani non sanno nemmeno chiamare i propri figli… Cosa mai potrà fare nella vita uno con quel nome?»

Proprio mentre gli occhi scuri e profondi di Veter si stavano voltando in atto di risposta un urlo straziante dal primo piano di un casolare adiacente interruppe la nascente discussione. La scena che si offrì agli occhi del giovane nei minuti successivi al primo piano di quel casolare avrebbe cambiato il corso della sua vita: un vecchio decrepito di nome Vento che nella sua compostezza miracolosa sporcava le sue mani di sangue per mettere tra le braccia di una donna madida di sudore il piccolo Dimitri Potòr, ennesimo Nessuno nato un giorno qualunque nel gelido nulla.
Il giovane, attonito, uscì dalla stanza e si fermò a fissare il cielo stellato.
C’era qualcosa che univa inequivocabilmente lo sguardo perforante di Veter alla magnificenza di quel cielo. 
«L’essenziale è invisibile agli occhi» disse una voce che il giovane riconobbe immediatamente. Alle sue spalle c’era proprio Veter che sembrava interpellare lo stesso limpido cielo. 
«Siete un prete, vero?»
«Sono un uomo di Dio. Non so dire da quanti anni corro da un villaggio all’altro della Siberia per fare tutto quello che è mio dovere. Ieri ero a oltre 100 parasanghe da qui dove ho sposato due giovani coppie, seppellito tre contadini e dato alla luce cinque splendidi bambini» sorrise gradevolmente Veter.
«Ma perché fate tutto questo? Nessuno si ricorderà di voi, di tutto quello che avete fatto per questa gente, non v’è poeta che racconterà la vostra storia…»
«e cosa mi dici del piccolo Dimitri?» rispose serenamente Veter.
«Sì d’accordo… ma voglio dire: poiché non avete costruito nulla nella vostra vita nessuno parlerà più di voi. Le vostre azioni saranno state inutili, non avranno avuto alcuna incidenza sulla storia del mondo e della nostra patria russa! Forse avete sprecato la vostra vita…» concluse malinconicamente il giovane.
Veter sorrise e ripeté con decisione e dolcezza «Giovanotto, ricorda… l’essenziale è invisibile agli occhi».

Purtroppo poco sappiamo delle sorti del vecchio Veter dopo quella notte.
Sappiamo invece che quel giovanotto smarrito sotto il cielo stellato di una fredda notte siberiana era il principe Gvidon, erede al trono di Russia in attesa di compiere il suo destino. Veter sapeva che in quella notte stava scrivendo nel vento una lezione che il futuro Zar avrebbe compreso solo vent’anni dopo quando tra lui e la morte, travestita da squilibrato attentatore nazionalista, si sarebbe interposto un giovane ragazzo di nome Dimitri Potòr, nato nel villaggio di Brenesky sotto il cielo stellato di una gelida notte. 

Ecco il filo che legava lo sguardo di Veter a quel cielo stellato. Ecco quel filo invisibile che collegava miracolosamente la vita inutile di Veter, quella di Dimitri e quella del principe illustre, futuro Zar di Russia.
In quell’attimo infinitesimale in cui Dimitri gli salvò la vita, Gvidon capì ciò che era stato scritto nel vento vent’anni prima da un dimenticato prete della Siberia. Capì che forse non era necessario diventare protagonisti della storia, essere letti e citati nei libri per essere uomini, ma era sufficiente scoprire nella propria vita quell’«essenziale invisibile agli occhi» di cui era inondata tutta la storia del mondo. Quel piccolo principe, ormai Zar, spalancando le finestre della camera reale capì, allora, che se il cielo è pieno di stelle illuminate è «perché ognuno possa, un giorno, trovare la sua».

Un pensiero su “L’essenziale è invisibile agli occhi

  • Annamaria Anselmi

    Veramente un bellissimo racconto. Grazie.
    Buon Natale a tutta la redazione. Annamaria

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