Riflessioni

Cinema Fiamma

Cos’è un film se non un’emozione su pellicola? Antonio, grande appassionato di cinema, racconta la nascita di un amore e inaugura la sala del suo personale “Cinema Fiamma” con I cento passi di Giordana.

Continuo a domandarmi cosa mi abbia fatto innamorare del cinema mentre cerco l’ispirazione che mi permetta di riempire queste righe. Provo a scavare nella mia memoria in cerca di un’immagine, una battuta, una situazione che possa suggerirmi una risposta e… avrei l’imbarazzo della scelta. Tuttavia, questa soluzione non mi soddisfa e, anzi, mi pare alquanto approssimativa. Devo scavare più in profondità, non può essere solo questo.

Allora la memoria mi riporta al Cinema Fiamma, nella mia cara Palermo. Quando hai sei anni non sei in grado di capire o interpretare ciò che viene proiettato: tutto appare come un susseguirsi di sequenze e di immagini diverse, ma ricordo in maniera estremamente vivida tutte le emozioni che ho provato, quasi come se si fossero impresse nella parete della memoria.
Ecco, la cosa che amo del cinema sono le emozioni e i sentimenti che ti provoca.

Rabbia, dolore, felicità, amicizia, commozione, euforia, amore, profonda tristezza, ilarità, rispetto, serenità, speranza: spesso le emozioni si accavallano e, più sono, più quel titolo rimane impresso nella pellicola della mia vita.

Questo spazio ha l’obiettivo di descrivere sinteticamente quanto alcuni titoli mi hanno lasciato.

Rabbia, dolore, commozione: I cento passi

Regia di Marco Tullio Giordana, Rai Cinema, 2000 Italia.
Rivisto il 9 maggio sulla piattaforma Sky in occasione dei 42 anni dalla morte.

Marco Tullio Giordana è un regista di emozioni, uno di quelli in grado di descrivere e segnare con un bisturi affilatissimo – non potrebbe essere altrimenti – eventi che hanno segnato la nostra vita (come ne La meglio gioventù, nel quale descrive 40 anni del nostro paese, dal boom agli inizi del terzo millennio).

I cento passi: la distanza fra la casa di Peppino Impastato e la casa di Tano Badalamenti.
I cento passi: la distanza incolmabile fra due modi di approcciare la vita.

Non un film sulla mafia, ma un film sull’energia, sulla voglia di fare e di costruire.
Un film sull’immaginazione e la felicità di un gruppo di ragazzi che hanno sfidato il mondo, il loro mondo, nell’illusione di cambiarlo.
Un film che ti provoca rabbia e dolore in ogni momento in cui la voglia di fare, la voglia di cambiare, si infrange nei diktat del Tano Badalamenti di turno. 

È commozione vera, quasi incontenibile – e non me ne vergogno – vedere un corteo di giovani attraversare quella che Peppino chiamava Mafiopoli (Cinisi).
È rabbia perché in quel maggio del 1978 c’eravamo, a Palermo.
Sapevamo di Radio AUT, ancora sedicenni, ma siamo rimasti inermi, impauriti da quello che rappresentavano i Tano Badalamenti di turno.

Rabbia, dolore e commozione di chi sa di essersi alzato dopo, forse figlio di quella che molti definiscono la “cultura del silenzio”, in quel corteo che doveva aiutare Peppino vivo e che invece lo commemorava da morto.

Ogni volta che vedo I cento passi monta una voglia di piangere che forse è solo senso di colpa.

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