Il manoscritto perduto della birra /1
Storie di birra | 5 (puntata 1/2)
Nel cuore della Romagna, il centro storico di Cesena conserva mura e torri che si raccolgono sotto l’antica Rocca malatestiana; al numero 1 di Piazza Maurizio Bufalini si trova l’ingresso della Biblioteca Malatestiana, che ospita anche la Malatestiana antica, unico esempio al mondo di biblioteca umanistica perfettamente conservata.
Oltrepassato il portale rinascimentale, sormontato dall’elefante malatestiano e dal motto «l’elefante indiano non teme le zanzare», attraverso una pesante porta di legno si accede allo scriptorium, una sala a tre navate, illuminata da 22 finestre, che distribuiscono intorno luce uniforme. Ai banchi, legati da catenelle del xv secolo, si trovano ancorati dei manoscritti. Nella sala di fronte si apre la biblioteca di papa Pio vii, dove tra l’altro è esposto il libro leggibile più piccolo del mondo, un’opera di Galileo Galilei. La biblioteca è affiancata dalla sezione moderna e dal museo archeologico.
In fondo a una sala, poco visibile, c’è una piccola porta, dalla quale si accede a un ambiente ancora più piccolo, sempre chiuso e non accessibile ai visitatori. Non ce n’è motivo: si scende un poco, e lì vi si trovano stipati decine e decine di libri moderni e poco importanti, classificati a catalogo e quasi dimenticati. Niente d’interessante, dunque. Se non che, qualche tempo fa, vi è stata fatta scoperta sensazionale.
Ma andiamo con ordine: la Biblioteca Malatestiana, iniziata nel 1447 a partire da un nucleo librario appartenente ai frati francescani e ultimata nel 1452, è la prima biblioteca civica d’Italia e d’Europa, custodita congiuntamente dai frati e dal Comune e ospitata nei locali del Convento. Dal 2005 è stata inserita dall’unesco, prima in Italia, nel Registro della Memoria del Mondo. Ancora oggi, varcandone la soglia, ci ritroviamo in pieno xv secolo: gli arredi, le colonne, i pavimenti, la luce, tutto ci riporta alla stagione dell’Umanesimo italiano.
Qui sono conservati quasi 250.000 volumi, di cui 287 incunaboli (volumi stampati nei primi cinquant’anni dall’invenzione della stampa), circa 4.000 cinquecentine, cioè libri stampati o prodotti nei primi decenni del XVI secolo, 1.713 manoscritti e oltre 17.000 lettere e autografi, mentre nella sezione moderna sono presenti oltre 100.000 volumi.
Più o meno.
Perché più o meno? Non per la negligenza dei solerti impiegati del luogo, ma perché di recente un oscuro e giovane bibliotecario, appena assunto a tempo determinato, con un contratto di collaborazione semestrale finalizzato alla catalogazione delle nuove acquisizioni riguardanti la sezione moderna, lettere ra-ru, curiosando tra gli scaffali, ha trovato delle chiavi dimenticate in un cassetto, con un’etichetta in plastica verde, e il cartiglio dal titolo «scantinato».
Il giovane bibliotecario le ha prese, le ha soppesate, e dopo una breve riflessione si è avviato a cercare il locale cui le chiavi facevano riferimento, fino a quando in fondo ha trovato la porta. Ha infilato la chiave nella toppa e ha aperto: tra la polvere, le cataste di faldoni e documenti, il giovane studioso ha iniziato a maneggiare con cautela il contenuto, ad aprire le scatole, a spostare le casse. Dai e dai, sposta e sposta, tolte alcune scatole, ne ha trovata una di assi di legno che non è riuscito ad aprire. Ha deciso di tornarci il giorno dopo, più attrezzato.
E il giorno dopo è tornato, questa volta con strumenti idonei: ha schiodato le assi della cassetta e si è trovato di fonte, già dalla prima occhiata, al mezzo miracolo che ogni cercatore di libri, da Poggio Bracciolini in poi, sogna: dentro, tra gli altri documenti, c’erano infatti ben cinque edizioni a stampa seicentesche, intatte e perdute; non si trovavano, infatti, nel catalogo della biblioteca.
(» continua)
Casa Fogliani è un’officina creativa nata a partire dall’obiettivo di valorizzare risorse e attività e prodotti enogastronomici d’eccellenza, con la possibilità di destinare delle risorse a uno scopo con valore sociale altrettanto eccellente: il progetto intende infatti reinvestire le marginalità realizzate dalle iniziative e con la vendita dei prodotti, tra cui due birre appositamente prodotte per conto della fondazione EDUCatt dal birrificio Argo di Lemignano di Collecchio (PR), in borse di studio, sostegno economico e servizi per studenti in estrema difficoltà.
Per ciascun anno accademico vengono attivati uno o più percorsi di laurea in Università Cattolica a favore di giovani in condizioni di estremo bisogno, di provenienza nazionale e internazionale. I beneficiari verranno sostenuti per tutto il periodo necessario al raggiungimento della laurea – fino a un massimo di cinque anni – e assistiti per agevolare l’ambientamento e lo svolgimento degli studi, con una verifica costante del mantenimento delle migliori condizioni per il raggiungimento del successo. Il sostegno prevede vitto, alloggio, vestiario, assistenza sanitaria, strumenti di studio, contributo economico per le spese quotidiane e il mantenimento, la possibilità di accedere al programma studentwork e tutto quanto è necessario per una vera accoglienza.
«Questa (non) è una birra» è la campagna che nasce per sostenere il progetto: perché la birra Clelia (una cream ale) ed Elettra (una amber ale) sono buonissime, ma soprattutto perché acquistandole o consumandole si contribuisce da subito, e concretamente, a un progetto ad alto valore sociale.