La povertà secondo la poetessa Fanny Howe
Proponiamo una traduzione originale di Franciscan, un breve brano della poetessa americana Fanny Howe (1940, Buffalo New York) contenuto nel suo libro Night Philosophy (Divided, 2020, pag. 79). La poetessa, autrice di oltre venti libri di prosa e poesia, esplora le possibilità della lingua, e il suo ritmo è generato dall’associazione di immagine e suoni. In un’intervista per la “Kanion Review” ha scritto: «Se qualcuno, da solo, sta leggendo le mie poesie, spero che gli sembri di leggere il taccuino di qualcuno. Una nota. Di un luogo, della bellezza, delle avversità. Una lotta quotidiana e comune». In Franciscan prende spunto dal pensiero su San Francesco (in Saint Francis: A Model for Human Liberation) del brasiliano Leonardo Boff, uno dei più importanti esponenti della Teologia della liberazione, per parlarci del valore e della sfida della povertà nel mondo.
«La povertà, scrive Leonardo Boff, «è un modo di essere per cui l’individuo lascia che le cose siano ciò che sono; rifiuta di dominarle, di soggiogarle, e li rende gli oggetti della volontà di potenza». L’importanza di questa definizione per un artista politicamente impegnato, in questo secolo, sta nel suo imperativo morale. Mentre sei impegnato a combattere lo scandalo della povertà, sei anche guidato verso i valori di una sottoclasse che non ha proprietà. Salvi, letteralmente, il povero, che in cambio ti garantisce un chiaro punto di vista sulla realtà, sulla società. La povertà richiede, continua Boff, «l’immenso ascetismo della rinuncia all’istinto di potenza, del dominio sulle cose, e della soddisfazione dei desideri umani». La povertà, così, non è cancellata dalle necessità (cibo e abitazione) ma, idealmente, è sostenuta da queste.
Il povero, a proposito, significa la terra e tutte le creature che ci vivono sopra, quelli che sempre-stanno-con-noi».
Photo credit: Michael Avedon