Il coraggio di partecipare e quello di ascoltare
Il 12 maggio gli studenti scelgono i loro rappresentanti all’intero degli organi universitari. Anche EDUCatt prevede la partecipazione degli studenti al governo della vita della Fondazione dando spazio alla loro presenza attiva nel Consiglio di Amministrazione dell’Ente attraverso tre rappresentanti eletti.
Se è vero che «il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare» (Sir Winston Churchill), coraggiosi sono i tanti giovani studenti che durante la loro vita universitaria si fanno portavoce del mondo studentesco, variopinto e sempre in movimento. Eppure, il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi ed ascoltare: infatti, perché lo scambio comunicativo sia reale, chi parla deve incontrare un orecchio teso all’ascolto affinché le parole e le idee trovino un terreno fertile per contaminarsi e per crescere.
Proprio con questa volontà EDUCatt accoglie nel suo Consiglio di Amministrazione tre rappresentanti degli studenti, eletti in occasione dell’elezione degli organi universitari. Come espressamente indicato dall’articolo 9 dello Statuto, la rappresentanza degli studenti in seno al Consiglio di Amministrazione della Fondazione ha, in particolare, funzione di verifica e garanzia del livello qualitativo dei servizi offerti e dell’efficacia della gestione.
Per una realtà che fa dell’ascolto una cifra caratterizzante della sua mission, tuttavia, la consapevolezza è che il valore di questa partecipazione sia concretamente molto più ampio. Quante realtà, infatti, possono vantare la fortuna di sentire l’opinione diretta dei fruitori dei propri servizi? È una ricchezza che molti ricercano e che EDUCatt persegue non solo formalmente, rispettando i requisiti statutari, ma sostanzialmente chiamando tre studenti ad esprimere le loro opinioni e il loro voto sulle tematiche intavolate in Consiglio.
«Da quando nasce EDUCatt la scelta è sempre stata quella di instaurare un rapporto di collaborazione e di conoscenza con gli studenti: per questo la loro presenza all’interno del Consiglio di Amministrazione è fondamentale, perché l’Ente per il diritto allo studio esiste proprio per poter erogare al meglio i servizi a loro rivolti. Con i tanti rappresentanti che in questi anni hanno lavorato con noi è sempre nato un rapporto di reciproca stima e fiducia per cui loro stessi, sapendo di essere ascoltati, hanno intrapreso con attenzione il compito che erano chiamati a svolgere e hanno sentito la responsabilità di raccogliere e riportare i bisogni degli studenti in modo preciso e adeguato. L’esperienza di questi anni è stata questa: la bellezza di poter lavorare con delle persone che ci aiutano a cogliere il panorama di sensazioni e di attese degli studenti e, nello stesso tempo, lavorano insieme a noi per cercare soluzioni. Un dialogo così, che parte dal rispetto e dall’ascolto, è ragionevole che porti frutto».
(Angelo Giornelli, Direttore della Fondazione EDUCatt)
Un’eredità che arriva a EDUCatt dall’Istituto regionale per il diritto allo studio (I.S.U.), ma anche una tendenza che si sta affermando in molte culture organizzative in cui la persona viene messa al centro, prendendo parte allo scambio decisionale sui temi che la riguardano, e soprattutto un nuovo paradigma decisionale che scardina il vetusto decido-comunico-ascolto in favore del più lungimirante ascolto-discuto-decido.
Inoltre, se il contributo degli studenti si esplicita in momenti istituzionali come le sedute del Consiglio di Amministrazione, l’impegno di collaborazione con EDUCatt si concretizza nella condivisione di progettualità e attività durante l’intero anno accademico. In questo scambio la Fondazione investe risorse proprie nella convinzione che idee e prospettive giovani e innovative – magari non sempre realizzabili o sostenibili, ma pur sempre ritratto sincero di un mondo in evoluzione – siano un valore aggiunto per l’intera organizzazione e per il perseguimento della sua missione.
Lungi dall’essere ridotta alla mera assegnazione di un voto, la partecipazione – quella di gaberiana memoria – è da intendersi nel senso più ampio e aperto di habere cum alio (lett. avere con gli altri), cioè condividere, essere parte di una missione comune. Solo in questo senso la partecipazione allora diventa libertà: libertà di essere ascoltati con la certezza che la propria opinione valga quanto quella degli altri.