La strage nell’indifferenza
Ci sono due notti che segnano di orrore e di indifferenza il 2021. Quella tra il 22 e il 23 aprile e quella tra il 25 e il 26 aprile. Due notti vicine che testimoniano ancora una volta l’incapacità della nostra società di aprire gli occhi, di protestare e di agire perché infine finisca lo strazio: a rileggere le pagine di Sciascia e Silone, sembra una storia che, tragicamente, si ripete.
Nella notte tra il 22 e il 23 aprile 3 barconi messi in mare dai trafficanti libici affondano. Almeno centotrenta persone muoiono sotto gli occhi delle autorità europee che da due giorni conoscevano la situazione nel Canale di Sicilia. Eppure nessuno ha inviato navi per soccorrere i migranti in balia del mare grosso. L’indifferenza, nel migliore dei casi, una volta di più ha segnato le politiche degli stati e dell’Unione. Le parole su quella notte della portavoce dell’Oim, l’organizzazione dell’Onu per i migranti, Safa Mshli: “Gli Stati si sono opposti e si sono rifiutati di agire per salvare la vita di oltre 100 persone. Hanno supplicato e inviato richieste di soccorso per due giorni prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo. È questa l’eredità dell’Europa?”.
Nella notte tra il 25 e il 26 aprile, a Foggia, in località Borgo La Rocca da un suv esplodono alcuni colpi di fucile sui finestrini di una Opel. A bordo ci sono tre braccianti, due maliani e un ivoriano, che stavano rientrando al ghetto di Rignano, in località Torretta Antonacci dopo una giornata di lavoro nei campi. Uno dei tre ha la faccia spappolata dai colpi del fucile a pallini. Come riporta Tatiana Belizzi su «la Repubblica» non è la prima volta che si verificano episodi a sfondo razziale e intimidatorio nel Foggiano. Nell’estate del 2019 tre uomini, un Gambiano e due senegalesi, rimasero feriti dal lancio di alcune pietre partite da un’automobile in corsa mentre si recavano a lavoro nei campi. Il leader di Invisibili in Movimento e fondatore della Lega braccianti, Aboubakar Soumahoro ha poi annunciato uno sciopero dei braccianti, il 18 maggio a Roma, proprio per affermare che «questi attentati alla vita di uomini e donne, non piegheranno e non fermeremo la nostra lotta per i diritti e per la dignità socio lavorativa di tutte e di tutti».
Queste due notti, raccontate con maestria da Nello Scavo su “Avvenire” e da Diego Bianchi per “Propaganda Live”, sono il risultato di un’unica grande notte: quella in cui versa la coscienza di uno stato che non è in grado di garantire diritti e umanità ma si fa complice di sfruttamento, in Libia, tollerando e sovvenzionando la guardia costiera e il sistema concetrazionario dei campi di raccolta, e nella stessa Italia, dove permette che centinaia di lavoratori siano vergognosamente sfruttati e intimiditi dal caporalato delle varie organizzazioni agromafiose che operano nei territori e che poi vendono la frutta e la verdura a prezzi stracciati.
Davvero non c’è fine alla miseria? Davvero non esistono la storia e la giustizia? Vengono in mente due testi, che ci raccontano dello strazio subito dai siciliani e dagli abruzzesi nella prima metà del Novecento. Il primo è un racconto, di Leonardo Sciascia, Il lungo viaggio e racconta il raggiro spaventoso subito da un gruppo di persone che, spesi tutti i loro averi, cercano di imbarcarsi per l’America e per un futuro migliore. Non ci arriveranno, e in compenso arriverà lo schianto della disperazione. Il secondo è Fontamara di Ignazio Silone, un libro ingiustamente dimenticato, che narra dei cafoni di un piccolo paese del Fucino (Fonte amara), e di una incredibile contesa per un ruscello di acqua che è ragione di vita per la povera comunità e che è avocato dai potenti del luogo tramite minacce, violenze e soprusi di ogni sorta.
E i soprusi e l’indifferenza continuano. Ma non è davvero il momento di tacere. Il Pontefice, durante il Regina Coeli, in piazza San Pietro, ha detto, riferendosi alla notte del 22 e il 23 aprile: “Fratelli e sorelle, interroghiamoci tutti su questa ennesima tragedia. È il momento della vergogna! Preghiamo per questi fratelli e sorelle e per tanti che continuano a morire in questi drammatici viaggi. Anche preghiamo per coloro che possono aiutare, ma preferiscono guardare da un’altra parte. Preghiamo in silenzio per loro”.
La foto in copertina è di Flavio Gasperini / Sos Mediterranee
Gasperini è un fotografo italiano imbarcato sulla Ocean Viking dal 22 giugno 2020; con le sue immagini testimonia il percorso, spesso crudele, dei migranti che si affidano al mare.