La guerra e le storie degli studenti ucraini dell’Università Cattolica
Davanti al drammatico scenario geopolitico che ha sconvolto l’Europa abbiamo raccolto le testimonianze di alcune studentesse ucraine in Università Cattolica che raccontano le loro preoccupazioni di oggi e di domani che sono anche le nostre, consapevoli che un’accoglienza che sia in grado di rispondere alle necessità dell’altro passi prima di tutto attraverso l’ascolto.
Il 24 febbraio Putin ha ordinato l’invasione dell’Ucraina, causando una serie di conseguenze, sociali ed economiche, disastrose. Il sito del Ministero dell’Interno, aggiornato a venerdì 11 marzo, segnala che sono giunti in Italia dall’Ucraina 31.287 profughi, la maggior parte dei quali sono donne e minori. Di fronte alla Storia che irrompe drammatica e complessa nelle storie individuali e quotidiane delle persone, le singole vicende che compongono questa enorme crisi umanitaria ci raggiungono sotto forma di numeri e bollettini che, dopo giorni o settimane, rischiano di diventare una semplice informazione da leggere su internet o sentire in TV.
Le storie di chi è stato colpito, direttamente ma anche indirettamente, dalla guerra in Ucraina sono però molto di più e capire le difficoltà che stanno emergendo in queste settimane è il primo passo per sapere come meglio accogliere e gestire questi nuovi bisogni.
Infatti un’accoglienza che sia in grado di rispondere alle necessità dell’altro passa attraverso l’ascolto; abbiamo per questo deciso di raccogliere le storie di alcuni ragazzi ucraini che studiano all’Università Cattolica per avere una testimonianza diretta proveniente proprio dall’interno dell’Ateneo.
Anastasiia, Anna, Yana, Karolina e Oksana sono ragazze nate in Ucraina che hanno accettato di condividere con noi le loro storie. Arrivate in Italia quando erano bambine, tutte loro studiano nelle diverse sedi dell’Ateneo e hanno ancora legami con il loro Paese di origine dove hanno lasciato parte dei loro affetti. «Vado in Ucraina tutte le estati – ha raccontato Yana – a trovare amici e parenti»; Yana è originaria di Černihiv, una regione a nord di Kiev vicino al confine con la Bielorussia; è tra i territori più colpiti dalla guerra. «È difficile continuare a vivere qui sapendo che i parenti sono sotto alle bombe. Sono continuamente bombardati e ormai vivono sotto terra, salvo alcuni istanti di pausa durante i quali tornano a casa; chi una casa ancora ce l’ha. Da questa mattina [lunedì 7 marzo] non riusciamo a sentire più nessuno perché è andata via la luce e la linea telefonica. Cerco di tenermi occupata facendo la raccolta dei beni da spedire, anche se so che niente riuscirà ad arrivare dove vivono i miei cari. La città è circondata da mine e niente riesce a entrare e nessuno riesce a uscire». Abbiamo chiesto come sia cambiata la sua vita da studente da quando è scoppiata la guerra: «Sono costantemente connessa; prima frequentavo le lezioni, ora cerco di seguire da casa. Ma è difficile rimanere concentrati». Yana è al primo anno della Laurea Magistrale in Management e relazioni economiche internazionali a Milano, parla russo e sta imparando il cinese. Il suo sogno è lavorare un giorno usando le lingue.
Karolina studia invece Gestione d’impresa a Piacenza, è al secondo anno della Magistrale e le mancano quattro esami e la tesi prima di laurearsi. In un futuro vorrebbe trovare lavoro in Italia come Data Analyst, anche se non esclude altre carriere possibili. «Sono qui in Italia con mia mamma e il resto della mia famiglia vive vicino a Kiev. I miei nonni hanno appena acquistato una casa in Ucraina e non sappiamo se la ritroveranno alla fine della guerra. Mia nonna e mia zia stanno prendendo la decisione di venire in Italia, mentre mio zio non può lasciare il Paese a causa della legge marziale». Quando le abbiamo domandato quali difficoltà pratiche potrebbero sorgere nelle prossime settimane, per chi verrà e per chi accoglierà i propri famigliari, Karolina ha risposto: «Sicuramente i ragazzi che arriveranno qui avranno bisogno di continuare gli studi e avranno bisogno di imparare la lingua per potersi integrare. Con l’arrivo dei parenti, gli studenti avranno sicuramente più difficoltà a trovare un luogo isolato in cui studiare».
Lo scoppio della guerra ha coinciso con l’inizio del secondo semestre di Anna: «Mi ricordo bene, avevo la mia prima lezione. Ho scritto subito ai miei genitori che sono in Italia, mentre in Ucraina c’è mio zio che è in mezzo al conflitto. Da quella mattina mi sveglio e vado a dormire leggendo le notizie; mio papà, che parla russo, non riesce più a parlarlo. C’è tanta frustrazione per non avere la possibilità di fare qualcosa, ma allo stesso tempo ti senti fortunata di essere in Italia». Abbiamo domandato anche a lei quali difficoltà sono sorte e sorgeranno: «Chi uscirà dall’Ucraina avrà prima di tutto un problema linguistico e poi anche psicologico»; e chiude con una riflessione: «Io appartengo al popolo che è stato attaccato e tutta l’Europa è con noi; credo che sarà il popolo russo a trovare più difficoltà in futuro». Anna è iscritta al secondo anno della Laurea Magistrale in Media Management (CIMO) e ama leggere romanzi e fumetti. Sta facendo uno stage Almed in comunicazione ed è appassionata al genere manga. Dopo gli studi vorrebbe rimanere in Italia e curare la comunicazione delle case editrici.
Oksana vorrebbe invece un giorno diventare medico, come suo papà che nelle ultime settimane deve scappare e lavorare dentro a un bunker, a qualche chilometro da Leopoli, ogniqualvolta partono le sirene per le bombe: «Mio papà fa l’anestesista e assiste le donne che devono partorire. È rimasto solo in Ucraina e i primi giorni che è scoppiata la guerra dormiva vestito con uno zaino pronto a scappare. Mia sorella viveva con lui, ma a dicembre è venuta in Italia e abbiamo deciso di non farla più tornare in Ucraina perché avevamo già qualche presentimento che stesse per succedere qualcosa. Il 24 febbraio mi ha svegliata mia mamma riportandomi la notizia; avrei avuto un esame da lì a qualche giorno, ma non sono riuscita a studiare». Oksana ha studiato Biotecnologie e ora è al quarto anno di Medicina a Roma. «Sono giorni in cui il pensiero va sempre lì, l’ansia cresce perché non sai come andrà; mi ha fatto molto piacere ricevere i messaggi da parte dei miei compagni di corso: la solidarietà ci fa bene, come popolo e come umanità. Ho organizzato una raccolta di beni da spedire nel mio Paese e mi sono ritrovata la casa invasa dai pacchi. È importante donare, anche il proprio tempo, a chi ha uno status di rifugiato». Tra le difficoltà che potrebbero sorgere, Oksana ha sottolineato i possibili problemi che potrebbero nascere per una mancata integrazione: «Chi viene qui non conosce la lingua che è fondamentale per integrarsi e i ragazzi hanno bisogno di continuare i loro studi».
La famiglia di Anastasiia è russa: «Sono nata in Ucraina, ma i miei genitori e mia sorella sono nati in Russia. Il mio nome è russo e il mio sangue è 100% russo, ma nessuno di noi ha scelto questa guerra. La guerra è brutta e a pagarne le conseguenze sono solo gli innocenti. C’è tanta rabbia, anche all’interno della mia stessa famiglia, divisa. Mio papà è al momento in Ucraina e non vuole lasciare il Paese; mia sorella ha amici molto stretti di Kiev che sono riusciti a fuggire, per fortuna. Ci stiamo mobilitando per recuperare vestiti caldi, ma è un momento molto difficile, c’è tanta preoccupazione. Mi sembra di vivere un brutto sogno: oggi sono viva, ma domani chissà». Anche ad Anastasiia abbiamo chiesto un parere su come è possibile dare in questo momento una mano: «Chi ha bisogno, ora, è chi è in Ucraina e chi sta scappando. Per noi è importante avere appoggio e sostegno. Anche raccontare le nostre storie e avere un confronto con più persone può essere utile perché permette di conoscere le diverse situazioni e quindi di capire come aiutare». Anastasiia è al secondo anno di International Management a Piacenza, dopo gli studi vorrebbe lavorare in un’azienda negli Stati Uniti: «Ho la Florida nel cuore e mi piacerebbe lavorare lì. Ma ora è difficile anche solo sognare».
Le parole di Anastasiia, Anna, Yana, Karolina e Oksana sono tutte percorse da ansia e incertezza per le sorti del loro Paese d’origine. Tuttavia, la forza che ogni giorno anima la resistenza del popolo ucraino si è manifestata anche in queste nostre conversazioni, sorprendentemente lucide e che, nonostante la profonda preoccupazione, non hanno mai lasciato spazio, almeno nelle parole, alla disperazione.
L’immagine di copertina è di Yehor Milohrodskyi.