La notte delle notti
“Veglia perciò questa notte sia il mondo nemico sia il mondo riconciliato. Questo, liberato, veglia per lodare il medico, quello, condannato, veglia per insultare il giudice. Veglia l’uno con cuore devoto, ardente e luminoso, veglia l’altro arrotando i denti, fremente e rabbioso. In breve all’uno la carità non permette davvero di dormire in questa solennità, all’altro non lo permette l’empietà” (Sant’Agostino, Nella veglia di Pasqua, Discorso 219)
È notte nel Getsemani. Un uomo, vero Dio, ha paura. Sa che Gli restano poche ore da vivere sulla Terra e non ha nessuno accanto, nessuno che voglia vegliare, almeno per confortarlo. Sa anche che dev’essere così: la sua missione non sarebbe completa, lo scopo della sua vita umana non sarebbe raggiunto se Dio non facesse la volontà del Padre. Da ora tutto è possibile: la predicazione è finita, la folla se n’è andata, gli amici si arrendono alla stanchezza e uno di loro è pronto a non esserlo più, al di là del torrente Cedron, con le armi, le guardie e le fiaccole dei farisei, dei sacerdoti e degli anziani del popolo.
È notte al Sinedrio. I farisei, i sacerdoti e gli anziani del popolo hanno raggiunto lo scopo: Gesù di Nazareth è incatenato dinanzi a loro. Anna lo interroga e il prigioniero risponde. Ma non basta. Lo interroga anche Caifa. Ma non basta ancora. Il figlio di un falegname si è paragonato a Dio, ha detto di esserne il figlio: è troppo. Il consiglio dei saggi sceglie la via politica: è il Governatore romano della Palestina che dovrà decidere il destino del personaggio dell’anno, quello che raduna le folle e predica senza sosta la giustizia.
È notte nel cuore di Pilato. Il Pretorio doveva essere la sua gloria, la Palestina il suo inizio. Lui aveva fatto altri piani, altri sogni. E ora, in una piccola e lontana provincia dell’Impero, un uomo, poco più che trentenne, sta rovinando tutto. Che cos’è questa Verità che tutti hanno sempre pensato di conoscere e ora appare una cosa nuova? Che cos’è questa povertà che tutti credevano miseria, e ora è chiamata la più grande ricchezza? Che cos’è governare questo mondo se è invece nell’’altro’ che il regno sarà vero?
È notte sul Golgota. È mezzogiorno, ma sta diventando buio. Solo poche persone sotto le tre croci in cima. La folla democratica ha deciso, il potere religioso ne ha incontrato uno nuovo e incomprensibile per rischiare di combatterlo. Il potere politico non ha fatto nessun errore: come ogni buon sistema ha rimesso tutto nelle mani del popolo. E il popolo ha deciso. Sotto le croci di due ladri e un condannato per bestemmia c’è anche troppa gente: non sono vittime del sistema, non sono famosi, sono condannati giustamente e regolarmente. Perché averne pietà?
È notte nel sepolcro. Le ore che cambiano il destino del mondo. Ma è la notte più chiara del giorno, la notte che non conosce tramonto, la notte più luminosa del sole. È la notte di chi è perseguitato, la notte di chi è solo. È la notte di chi è in guerra, di chi fugge, di chi accoglie. È la notte di chi è rifugiato, la notte di chi è ammalato, la notte di chi è senza speranza, la notte di chi non ha dove posare il capo. È la Notte delle notti: la veglia pasquale del mondo.
È notte a Betlemme. Da quasi nove mesi, senza che il mondo lo sappia, a Dio sembra il momento di avere compassione dell’umanità. Per sostenere i deboli e rialzare chi è caduto, in una piccola città di Efrata, nella terra di Giuda, stanno accadendo prodigi: poche persone emarginate e umili si avvicinano a una grotta fredda, si sente piangere. In lontananza un canto come di angeli e la luce nel cielo improvvisamente più chiara. Tutto è immerso in un silenzio intermedio. Un Dio che si fa uomo non può che risorgere.