Chi sei, tu?
Intorpiditi dagli impegni quotidiani, assonnati dal caldo di un’estate che non si risparmia, distratti e disinteressati, perdiamo spesso di vista ciò di cui davvero abbiamo bisogno. Una riflessione che è, soprattutto, un invito all’ascolto e alla domanda che forse più di tutte importa: chi sono io? La risposta può essere commovente.
«Ciao Andrea, hai scritto qualcosa di recente da pubblicare nel Filo di fumo di questo mese?».
Reazione istintiva alla domanda: è fine luglio, sono pieno di cose da fare, ci manca solo questo.
I pensieri lavorativi sono tanti e gli impegni non mancano. Insomma, non ho momenti liberi e sinceramente anche poca voglia: in poche parole, la vita urge e non ho tempo da perdere.
«Grazie, ma purtroppo non riesco, magari ne parliamo per il prossimo».
L’ho sfangata con un modesto savoir faire.
Passano i giorni e il tran-tran della vita lavorativa mi inviluppa nella sua morsa diabolica, senza però riuscire ad anestetizzarmi completamente.
Poi, una mattina di agosto, appena entrato in ufficio e poco prima di avviare la consueta routine da scrivania, mi imbatto in uno di quei video che girano sui social network e queste parole mi inchiodano:
«Non riesco proprio a immaginare che qualcuno mi ami prima di tutto, prima anche che io lo sappia, lo riconosca e lo accetti»
Non ho molto da aggiungere, ma vi posso confessare che io, in una banale mattina di agosto, in un ufficio ormai deserto e boccheggiante per il gran caldo, mi sono ritrovato commosso.
Non so bene spiegarvi la filosofia sottesa ai concetti espressi, la lunga filologia che sicuramente accompagna quelle parole, le ipotesi sottointese, le possibili contraddizioni insite nel discorso. Sono certo di non essere nemmeno capace di cogliere la profondità di quanto ho ascoltato; tuttavia, forse, per quella voce roca o per quegli occhi penetranti, ho scorto una piccolezza che, in questo mondo di facciata, faccio sempre più fatica a rintracciare: chi pronuncia quelle parole crede in quello che dice, porta i segni di quella esperienza sulla sua pelle e nella sua carne.
Insomma, per lui, almeno per lui, è drammaticamente e profondamente vero quello che sta dicendo.
«Chi sei tu? Uno voluto e amato e abbracciato […], e quando viene meno, continuamente perdonato».
Questo a me è bastato per commuovermi: parole che liberano in un istante.
Forse è poco, forse è banale e forse è anche un po’ sentimentale. Prendo il telefono:
«Ciao, è ancora valida la proposta del Filo di fumo?»
«Certo»
«Ho trovato un augurio per le ferie».
Perché?
Perché per me, almeno per me, non è tempo perso.
Immagine a corredo: Photo by Sebastián León Prado on Unsplash