La Resistenza delle donne
La Resistenza è stato l’evento che ha permesso la nascita della Costituzione. A queste, hanno contribuito in grande misura le donne: grazie alle loro storie possiamo immaginare un futuro diverso e libero dalle oppressioni, di genere, sesso, età o provenienza; con i loro nomi, i loro volti sorridenti, possiamo ancora educare al coraggio e alla gioia di vivere.
«Organizzai una piccola base segreta di donne cattoliche che aiutavano la Resistenza. Distribuivamo la stampa clandestina e aiutavamo i perseguitati. Rappresentavo la Dc nei gruppi di difesa della donna, nei quali c’erano tutte le correnti politiche. La presidente della Gioventù cattolica mi fornì gli elenchi delle iscritte per organizzare la Resistenza e per assistere i carcerati in collaborazione con suor Giuseppina de Muro, che operava alle “Nuove”, e al cappellano padre Ruggero Cipolla. Ricordo bene la grande azione svolta da Fossati e dal segretario Barale per il soccorso degli ebrei. Tenemmo corsi clandestini di formazione e pronto soccorso e mantenemmo i contatti con le parrocchie».
Sono le parole di Anna Rosa Gallesio una voce coraggiosa della Resistenza italiana che amava definirsi una giornalista prestata alla politica; durante l’ultima guerra, esercitava già la professione nella redazione torinese de “L’Italia”; figlia di un sindacalista cattolico perseguitato dai fascisti, dopo l’armistizio era entrata subito nella Resistenza, rappresentando la DC nel CLN regionale piemontese e nei Gruppi di Difesa della Donna. Il suo nome si aggiunge a quello delle molte altre partigiane italiane che sacrificarono la propria esistenza, lottando con decisione per la libertà e la fine dell’oppressione fascista: 35.000 donne partigiane combattenti; 20.000 donne con funzioni di supporto; 70.000 donne organizzate nei Gruppi di difesa della donna; 4.500 arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 2.750 deportate in Germania nei lager nazisti.
La resistenza femminile combatté per la liberazione dell’Italia dal fascismo e, al contempo, sovvertì per alcuni anni l’ordine patriarcale; la lotta per la libertà per alcune fu infatti un’occasione irripetibile di uccidere l’angelo del focolare, come scrisse Virginia Woolf nel saggio Professioni per le donne, per altre fu una preziosa occasione di riscatto sociale, per altre ancora la militanza era animata dall’odio, dal desiderio di vendetta per le morti patite oppure dalla strenua opposizione alla guerra che da ormai troppi anni aveva condannato la popolazione alla miseria e all’infelicità.
Nell’Italia degli anni Quaranta, in cui la misogina e gli stereotipi di genere sulle femmine fragili, infide e pettegole erano pervasivi dell’intera società, le resistenti combattevano una doppia battaglia: quando sceglievano di diventare partigiane dovevano dimostrare di non essere inferiori agli uomini per vincere la diffidenza e i pregiudizi dei loro stessi compagni di lotta, di qualsiasi colore o ideologia politica.
In un bellissimo saggio di Benedetta Tobagi intitolato La resistenza delle donne (Einaudi, 2022) i racconti di moltissime donne partigiane di età, provenienza, istruzione diversa, acquistano ancora più forza grazie alle immagini che le ritraggono. I loro sguardi sono fieri; i loro corpi rifiutano di essere costretti nelle gonne, le loro gambe sono avvolte dai pantaloni e infrangono un tabù estetico potente in quegli anni e ancora nell’Italia degli anni Sessanta e degli anni Novanta. Alcune di loro sono ritratte mentre imbracciano il fucile, mostrato con orgoglio, perché simbolo della conquista del diritto di intraprendere la lotta armata, per una volta, proprio come avrebbe potuto fare un uomo; altre invece sono disarmate, accanto ai compagni e le compagne di formazione: sono coloro che non hanno mai usato un fucile per strenua opposizione alla prospettiva militarista.
Tutte, ognuno con il proprio modo di combattere, militare o civile, con il fucile o con le biciclette, come staffette, in attività di controllo e gestione delle persone e delle informazioni, hanno comunque dato un apporto fondamentale alla liberazione dal nazifascismo in Italia.
La resistenza delle donne, scrive Tobagi, è un serbatoio di ispirazione e modelli possibili; con le loro storie possiamo ancora immaginare un futuro diverso e libero dalle oppressioni, di genere, sesso, età o provenienza; con i loro nomi, i loro volti sorridenti, possiamo ancora educare al coraggio e alla gioia di vivere.