Riflessioni

Il cibo semplice di un ricordo

Gian Armando Zito ritorna su queste pagine. Una riflessione legata a un ricordo di un pasto, un cibo semplice che ha in sé il gusto di una terra intera.

Perdersi, e per un po’ non tornare. È quello che ho fatto, e avrei fatto ancor meglio se avessi potuto. Mi sarei davvero perso, per non tornare mai più.

Ma poi, si sa, la vita ti chiede delle cose indietro. Cose, generiche, che a poco a poco diventano sempre più specifiche, si specializzano, e ti colpiscono. Ma… passiamo oltre, se non per variare ciò che ho scritto, che la vita ti chiede delle cose indietro e a volte delle azioni, come tornare a casa.

E di questo tempo in cui ho dimenticato di scrivere e molto altro, e su queste pagine di birra, porto molti ricordi con me. Esperienze mirabolanti e altre minime ma non meno importanti, in cui è stato il cibo ad essere protagonista.

Nell’aprile del 2022 per lungo tempo ho soggiornato in Grecia, nella Penisola del Mani. Una terra che qualcuno ha definito l’abominio della desolazione, perché sembra un dente deforme appena strappato dalla gengiva, con quei suoi monti, la catena del Taigeto, che superano nella parte centrale i 2400 metri e sono a picco sul mare. Una terra circondata dal Mediterraneo, arida, di roccia infernale, sulla quale non crescono che sparuti arbusti e erba per capre. Gole tortuose, angoli acuti, canyon e pietre che sembrano dure come l’acciaio.

Qui pochissime sono le sorgenti e le valli verdi. Quando si trova una presa d’acqua si esulta, e questo lo so bene perché ho frequentato a lungo i sentieri di queste terre in rovina.

C’è un momento su cui si ferma la mia mente. Un momento unico perché rivissuto più volte. Un pranzo, appena sotto la cima del Taigeto. Un debole vento ci colpiva e un sole enorme ci sovrastava.

Ero con un altro viandante, greco, appena conosciuto sulla strada per Gerolimenas. Ci siamo fermati sotto una rientranza della roccia. Qui, l’uomo ha tirato fuori dallo zaino due pani, dei paximadia, e li ha bagnati in una fonte. Questo pane è duro, durissimo, se non inumidito in abbondanza. Grondanti al punto giusto, li ha asciugati con un panno e poi li ha graffiati con l’aglio. Poi li ha messi su un grosso sasso piatto, e ci ha versato dei pomodori, che nel frattempo tagliava, dei cetrioli, e li ha cosparsi di sale e di pepe. Poi, da una tasca, ha estratto delle olive nere e ha decorato quella piccola collina di colore. Io avevo una bottiglia di vino. Ci siamo messi a mangiare.

Per lungo tempo non abbiamo detto nulla. Quando abbiamo finito, tutto il sapore della Grecia, del mare e del sole, era tra le mie gengive, nella mucosa, nel cavo orale, nelle narici, nel sudore che mi caricava le labbra. Il viandante si è alzato e mi ha salutato. Non ci siamo più rivisti.

@photo credit camster

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