Una casa di pace
Da arsenale di guerra ad Arsenale della Pace: il racconto di suor Sara Ghiglioni, direttrice del collegio Paolo VI, sull’esperienza delle ragazze collegiali presso la casa per i giovani di Torino.
La ripresa delle lezioni nel secondo semestre per le studentesse del collegio Paolo VI segna il passaggio dal tempo degli esami al periodo dell’ideazione e programmazione di ogni attività. Le studentesse esprimono tutta la loro creatività e i loro interessi attraverso le commissioni e si attivano organizzando ogni tipo di evento, da quello più culturale a quello ricreativo, interculturale e spirituale.
Un ambito che attira molto l’attenzione e risponde alla ricerca dei loro desideri è quello del volontariato. La commissione volontariato infatti attraverso la collaborazione con vari Enti offre alle studentesse occasioni per mettersi al servizio e dedicare tempo ed energie a varie realtà: dal servizio in Case famiglie, all’accompagnamento di ragazzi più piccoli o stranieri che hanno bisogno di sostegno scolastico, alla possibilità di rendersi utili nelle mense Caritas per i più poveri o per le strade per i senza dimora.
Proprio per allargare gli orizzonti, al di là della città di Milano, un gruppo di collegiali sabato 2 marzo 2024 si è recato a Torino per visitare e conoscere l’Arsenale della Pace, una casa sempre aperta a tutti coloro che hanno bisogno di solidarietà e accoglienza.
L’Arsenale della Pace trae la sua origine nel 1580 quando era stato costruito come fabbrica di polveri da sparo per poi essere trasformato, dal 1852, in Arsenale delle costruzioni di Artiglieria di Torino, la prima fabbrica di armamenti della storia italiana. Da qui, uscirono gran parte delle armi usate dall’esercito sabaudo e italiano nelle guerre del risorgimento e nelle guerre mondiali. Questo Arsenale, dismesso nel secondo dopoguerra, dal 1983 venne affidato ai giovani del Sermig – Servizio Missionario Giovani, fondato una ventina di anni prima a Torino da Ernesto Olivero. Essi decisero di farne una casa di pace.
Le ragazze hanno vissuto la mattinata alla scoperta di questa realtà così particolare: hanno visitato gli spazi del Sermig dove le persone chiedono ospitalità per i più svariati motivi, la scuola di musica che attraverso la passione musicale di alcuni giovani si propone di diffondere la cultura del dialogo, i luoghi abitati da volontari che accolgono i bambini per il doposcuola e gli adulti stranieri per l’insegnamento della lingua italiana. Per tutta la mattinata le studentesse hanno potuto lasciarsi raggiungere dal racconto di coloro che si dedicano agli altri come volontari o come consacrati, intuendo la grandezza di quello che era nato dallo sforzo e dall’impegno di tante persone. Nel pomeriggio poi c’è stata anche l’occasione di fare un piccolo servizio: lo smistamento del vestiario usato che viene raccolto dal Sermig. Attraverso le indicazioni dei responsabili dell’Arsenale le ragazze hanno dato il loro contributo, suddividendo tutti gli indumenti e scoprendo l’importanza di sentirsi utili per gli altri.
La nascita di questo luogo è avvenuta in un modo un po’ fuori dal comune: infatti la riconversione di quello spazio, prima utilizzato come arsenale di guerra, aveva attirato e coinvolto centinaia di migliaia di giovani e adulti da tutta Italia e dall’estero che, attraverso il lavoro gratuito e la disponibilità, avevano dato vita a quello che oggi viene definito “Arsenale della Pace”.
Sono rimasta colpita perché tutto questo mi ha richiamato la nascita dell’Università Cattolica: nata anch’essa dalla tenacia e dalla forza di una donna esemplare, Armida Barelli, che affidandosi al Sacro Cuore ha creduto contro ogni speranza e ha ottenuto il milione che serviva per comprare l’edificio di via Sant’Agnese dove sarebbe stata costituita la prima sede dell’Università Cattolica. Questa grande istituzione accademica, sorta da un vincolo soprannaturale, ha contribuito fino ad oggi a diffondere la cultura e il pensiero scientifico alla luce della sapienza cristiana e a dare all’Italia e al mondo tanti giovani secondo il Cuore di Dio. La giornata è stata un’occasione di incontro e di conoscenza che porta in sé i segni di speranza e di bene che i giovani coltivano e ricercano nella loro vita.