Studentworker, studenti al servizio di studenti
Felice è uno studente della sede di Roma che collabora con la Fondazione grazie all’opportunità della formula Studentwork, un vero e proprio contratto di lavoro a misura di studente. Così gli studenti trovano alle soglie dei servizi giovani come loro, capaci quindi di interpretare al meglio i bisogni e le esigenze.
Chi per mettere un po’ di soldi da parte (90%), chi per essere indipendente dalle famiglie (88%), la maggior parte per sostenere i costi dello studio (83%): sono le principali motivazioni che spingono oltre 360mila studenti italiani ad essere anche lavoratori, senza dubbio per desiderio di indipendenza, ma anche per necessità di fronte alla carenza di fondi per il diritto allo studio. È quanto ha fotografato una ricerca promossa dall’Unione degli Universitari e dalla Cgil, realizzata dalla Fondazione Di Vittorio con la somministrazione di 13mila questionari.
Dietro queste percentuali ci sono giovani – più della metà del campione ha infatti meno di 24 anni – che vivono quotidianamente tra impegni accademici e impegni di lavoro, magari neanche iscritti ad un sindacato o ignari dei propri diritti di studenti-lavoratori.
Per ampliare il concetto di sostegno allo studio EDUCatt offre agli studenti dell’Università Cattolica la possibilità di lavorare con l’Ente attraverso un vero e proprio contratto di lavoro a tempo determinato ideato per offrire un’occasione di sostegno in primis per quanti non possono beneficiare di altri tipi di aiuti economici. Requisito preferenziale per la selezione è infatti quello di risultare idonei non beneficiari di borse di studio e di non avere altri contratti o essere destinatari di altre forme di sovvenzioni. Inoltre, il contratto StudentWork è pensato con tempi e modi tali da non compromettere il tempo da dedicare allo studio e alla frequentazione dei corsi accademici.
Felice è uno studente iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia della sede di Roma. Ex collegiale del San Damiano e studentworker, per la Fondazione è principalmente impegnato al DuePunti Service e porta avanti la sua attività lavorativa ed accademica grazie non solo alla comodità di spostarsi all’interno dello stesso campus, ma anche grazie «all’elasticità dei colleghi che conoscono le necessità e gli impegni di noi studenti». Definisce la sua esperienza «una ventata di aria fresca» non solo per le nuove amicizie nate sul posto di lavoro, ma soprattutto per le prospettive che questo impegno gli ha restituito: «Spesso viene raccontato a noi studenti che devolvere l’intera giornata allo studio sia l’unica strada percorribile, ed è una mentalità pericolosa, perché ci sono tante attività che rischiamo di tralasciare in nome di regole autoimposte troppo severe. Lavorare mi ha restituito parzialmente il fascino di completare le cose, l’entusiasmo di portare a termine un compito e di raggiungere obiettivi concreti, che invece nell’ambito dello studio risultano spesso essere elusivi. In questo io vedo una grande differenza tra studio e lavoro: nel primo, anche a fine giornata, una volta chiusi i libri, si rischia di essere permeati da un senso di incompletezza e dal desiderio di voler fare di più; nel secondo, l’obiettivo è spesso più concreto e tangibile, e, se completato, può non avere strascichi. Non esiste un meglio o un peggio, ma i due ingranaggi possono coesistere e sento che attingere a entrambi e trasferire l’aspetto più pragmatico dal lavoro allo studio sia qualcosa che possa effettivamente essere d’aiuto nel superare le difficoltà quotidiane». Cosa può insegnare un lavoro di sportello ad un futuro medico? Verrebbe da dire “niente”, ma secondo Felice il contatto con il pubblico «può favorire un processo empatico che ci consente di capire meglio le insicurezze di uno studente alle prese con situazioni già vissute in prima persona da noi». Uno scambio reciproco dunque quello tra studio e lavoro, capace di arricchire il bagaglio personale e umano dei professionisti di domani.
Studenti al servizio di altri studenti: è grazie a giovani come Felice e i più di 50 ragazzi all’anno che scelgono di diventare studentworker che la Fondazione riesce a dare un volto vicino e amico ai suoi principali stakeholders che trovano alle soglie dei nostri servizi giovani come loro, capaci quindi di interpretare al meglio i bisogni e le esigenze.