In Università

I libri, le parole e le donne 

In Italia nel 2023 ci sono state 43 vittime di femminicidio; il 2024 registra già un triste 32, una quota ben lontana dallo zero a cui dovrebbe tendere questa lista. Se allarghiamo lo sguardo al mondo una donna su tre è vittima di violenza psicologica, fisica o sessuale in quanto donna. I numeri servono a dare una misura, ma non bastano e non spiegano i perché e come fermare questa deriva. 

I libri possono dare una mano? A una discussione sul valore della lettura contro il male una volta un filosofo rispose che anche Hitler leggeva: è vero, ma è anche vero che senza cultura, senza le parole giuste non si ha la possibilità di scegliere tra bene e male, perché manca consapevolezza, e non si riescono a contrapporre parole buone a chi sceglie quelle scorrette, che fanno male e imprigionano. La violenza sulle donne è infatti anche psicologica. 

Lo spiega bene il manuale Psicologia della violenza di genere di Serena Grumi e Luca Milani, che intervistato ha detto: «Spesso riportando i fatti si parla di raptus improvvisi… il raptus non esiste; di solito siamo di fronte a una escalation di atteggiamenti tossici e violenti. Quando si arriva al femminicidio gli indizi ci sono già: gaslighting, vale a dire una forma di sottile di manipolazione cognitiva che porta la donna a essere dubbiosa circa le proprie percezioni, controllo maniacale, anche economico, ecc. I femminicidi non sono fulmini a ciel sereno. C’è anche un invischiamento connivente della società che dice che il privato deve rimanere privato. Ma la violenza non è mai un fatto privato e se ci capita di vedere delle situazioni di aggressività bisogna sempre denunciare e intervenire». 

Parlare, leggere ci può proteggere dalle manipolazioni cognitive e ci porta anche a scoprire storie di donne coraggiose, che ai soprusi rispondono con risorse inaspettate, come la forza dei sogni. È il caso delle donne afghane per esempio, donne senza diritti, che non possono più lavorare né completare gli studi dal 2021, da quando i talebani hanno ripreso il potere, eppure non smettono di lottare e sognare. Lo racconta il libro Noi, afghane. Voci di donne che resistono ai talebani a cura delle giornaliste di Avvenire Lucia Capuzzi, Viviana Daloiso e Antonella Mariani. Sempre loro hanno appena curato un nuovo volume intitolato Donne per la pace. Voci che hanno cambiato la storia, che valorizza quanto le donne possono fare contro la violenza e per la Pace con la p maiuscola: è infatti statisticamente provato che quando le donne siedono ai tavoli di pace i patti stipulati sono più duraturi e a lungo termine.

Un dato che racconta Claudia Mazzucato, docente di giustizia riparativa, nel libro Lolita, Teheran e noi, scritto con l’autore Premio Strega Emanuele Trevi e il monaco Luciano Manicardi, che prendendo spunto da Lolita di Nabokov e Leggere Loilta a Teheran di Azar Nafisi – altri due libri da leggere assolutamente – si schiera in difesa di tutte le Lolita del mondo, di tutte le donne a cui viene tolta la libertà di scelta, come le donne iraniane. 

I libri ci parlano del presente, ma ci riportano anche le voci del passato, come quelle di chi ha lottato contro la schiavitù delle donne, come Jane Addams (1860- 1935), Premio Nobel per la pace nel 1931, ricercatrice sociale, riformatrice, attivista e pacifista statunitense che nel 1889 ha fondato a Chicago, con Ellen Gates Starr, il primo social settlement femminile degli USA, un insediamento sociale finalizzato alla riduzione delle disuguaglianze sociali fra i cittadini. O Anna Julia Cooper (1858- 1964) considerata una delle fondatrici della sociologia che si è schierata per l’istruzione di tutte le donne in tutti i gradi scolastici: nata schiava, nel corso della sua lunga vita, riesce ad accedere all’istruzione, si laurea in matematica, diventa insegnante e preside di prestigiose scuole per giovani afroamericane fino a conseguire all’età di 67 anni il dottorato in storia alla Sorbona. Sono le donne raccontate nella collana “Donne in sociologia”, diretta da Mariagrazia Santagati e nata nel 2023 su iniziativa del gruppo Sociologhe in Dialogo-SiD, laboratorio di studio e ricerca fondato nel 2020, all’interno del Dottorato in Sociologia, Organizzazioni e Culture dell’Università Cattolica.

Allora a quel filosofo citato all’inizio di questo articolo risponderei che Hitler ha scelto consapevolmente di fare del male, ma ognuno di noi – uomini e donne – può riconoscere il bene e dargli forza, anche con un libro in mano e le giuste parole.

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