Fiducia e speranza per essere capaci di governare il cambiamento
Affrontare i «cigni neri» con fiducia reciproca e prospettiva di un obiettivo è la base di partenza per gestire e governare i cambiamenti e la reingegnerizzazione dei processi valorizzando le persone e migliorando i servizi. Una sfida che EDUCatt ha già iniziato a raccogliere
La storia e l’esperienza ci insegnano che i cambiamenti fanno parte della vita delle persone e delle organizzazioni. Eppure, fatichiamo ad accettarli, anzi li viviamo spesso con timore, resistenza, talvolta rifiuto. Questi sentimenti si acuiscono quando le cause dei cambiamenti sono eventi imprevedibili e anomali, quelli che il filosofo libanese Nassim Nicholas Taleb chiamerebbe «cigni neri».
In questi anni la fondazione EDUCatt ha dovuto affrontare numerosi cigni neri: la pandemia, gli effetti dei conflitti internazionali, la riduzione dei finanziamenti pubblici.
Tutte sfide che hanno imposto la necessità di avviare un ripensamento del modello organizzativo, del ruolo e del tipo dei servizi offerti.
Le organizzazioni, come le persone di cui sono fatte, di fronte alle sfide e ai cambiamenti possono adottare diverse strategie.
Possono, per esempio, irrigidire i confini, chiudere ogni possibilità di contatto e confronto con l’esterno: sappiamo però, perché ce lo insegna il secondo principio della termodinamica, che tutti i sistemi chiusi implodono.
In alternativa possono ripiegarsi su sé stesse, tornare al passato, evitare di proiettarsi nel futuro, percepito come avvolto da nubi minacciose.
Il ripiegamento su di sé nasce dalla paura e genera sentimenti di rancore, sfiducia, precarietà, che pur partecipando di una condizione comune, non accomunano.
Infine, invece di tentare di resistere al cambiamento, fermarlo, controllarlo, si può cambiare atteggiamento e considerarlo come un’opportunità.
Non si tratta di essere resilienti o robusti, ossia esser capaci di resistere agli imprevisti cercando di rimanere identici a se stessi o, peggio, tornando ad un passato che non esiste più. Si tratta di attraversare la sfida e farsi accompagnare dal cigno nero in un processo di miglioramento.
Ci aiuta Kant in questo quando ci offre le tre domande che a suo avviso ci aiutano ad affrontare il vivere: «Che cosa posso sapere?», «Che cosa devo fare?», «Che cosa mi è lecito sperare?».
Credo che siano buone domande anche per EDUCatt per affrontare le reingegnerizzazione dei servizi a cui è chiamata: know how ed expertise per affrontare questi processi non mancano, né nella Fondazione stessa né all’Ateneo, immancabile compagno di viaggio, come non mancano nemmeno le abilità di progettazione – per altro già avviata – delle nuove azioni da compiere.
Non mi soffermo oltre sulle prime due domande. Vorrei porre l’attenzione invece sull’ultima domanda, forse la meno ovvia: oltre al sapere e al fare è importante tendere verso una meta.
Sperare significa immaginarsi capaci di raggiungere obiettivi. La speranza alimenta la fiducia di poter affrontare e gestire i cambiamenti, è la percezione di esser capaci di trovare la via per perseguire gli obiettivi prefissati, congiunta al desiderio di attivarsi per farlo.
In effetti è bene ricordare che «tutto ciò che viene fatto in questo mondo è fatto dalla speranza».
Alla sua base si trova la fiducia, interpersonale e organizzativa: l’idea di poter contare sull’altro/a per affrontare le reciproche vulnerabilità al fine di raggiungere un bene comune.
Speranza e fiducia sono legate all’azione e alla progettazione del futuro, muovono creatività e immaginazione, nutrimento e protezione dagli affanni, l’umiltà di chiedere e ricevere supporto, il coraggio e l’orgoglio di sapere e poter cambiare, migliorandosi.
Una bella sfida, “lecita” per la Fondazione che potrà, insieme all’Ateneo, coglierla e gestirla per offrire servizi ed esperienze sempre più capaci di rispondere in modo adulto e responsabile ai bisogni degli studenti e delle studentesse, sempre nel rispetto e nella valorizzazione delle persone che vi prestano la loro opera, la più preziosa delle risorse.