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Il Piano Africa dell’Università Cattolica: educare per crescere, insieme

Il Piano Africa dell’Università Cattolica, presentato dal rettore Elena Beccalli in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico a Milano il 17 gennaio scorso, punta tutto sull’education power, la capacità di aiutare un paese attraverso piani educativi incisivi e rispettosi, con l’obiettivo di diventare l’università europea con la più rilevante presenza in Africa.

L’obiettivo è ambizioso: «Diventare l’università europea con la più rilevante presenza in Africa», per usare le parole del rettore Elena Beccalli che, nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico a Milano, e nei Dies delle altre sedi, ha presentato il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. 

Di cosa si tratta? «Di una struttura d’azione che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione» afferma il rettore. Un dinamismo di apertura che ha bisogno di azioni concrete in cui tradursi. «Secondo uno spirito di reciprocità, l’Ateneo intende ampliare i percorsi per la formazione di giovani africani in loco o nel nostro paese, diventare polo educativo per i giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa, spesso ai margini, pur rappresentando una parte rilevante del nostro futuro, nonché rendere sempre più sistematiche le esperienze curriculari di volontariato per i nostri studenti». Per la sede di Roma il progetto si concretizza anche nella formazione di medici in Africa. Per tutto l’Ateneo un esempio virtuoso «è il progetto con la Fondazione E4Impact, che ha formato nel tempo più di 1.700 imprenditori con programmi di MBA in 20 paesi africani». 

La strada, insomma, è già tracciata, se è vero che sono già attivi 123 progetti con 40 Paesi africani, frutto di una collaborazione continua e proficua, di accordi e di alleanze con università, istituzioni, imprese e comunità locali. La logica che sta alla base del piano è quella di «una condivisione di idee, valori, progetti educativi, lontana dalla tendenza all’approvvigionamento di risorse naturali e di capitale umano». Un piano la cui vera forza sta tutta nell’education power, ossia «la capacità di aiutare un paese attraverso piani educativi incisivi e rispettosi». L’educazione, infatti, secondo il rettore «è lo strumento che più, e meglio, di altri consente di lavorare con i paesi africani piuttosto che per i paesi africani, passando da un approccio top-down a uno bottom-up in cui anch’essi partecipino a definire i problemi e a proporre soluzioni». 

È qui che probabilmente si colloca lo snodo più interessante del progetto: «Il binomio tra educazione e crescita, accompagnato dalla solidarietà, è la chiave per lo sviluppo integrale e solidale, anche del Global South». Un approccio rilevante proprio mentre si parla di Piano Mattei per l’Africa, «con il quale auspichiamo di creare feconde connessioni».

Il Piano Africa cresce su radici che hanno portato la Cattolica ad assumere ruoli pioneristici nell’ambito della solidarietà e dello sviluppo dei popoli. Come ha spiegato il rettore, «merita ricordare che l’esperienza di Enrico Mattei deve molto ad accademici dell’Università Cattolica, a cominciare da Marcello Boldrini senza dimenticare Francesco Vito e Pasquale Saraceno. Una visione alimentata da una riflessione etico-politica ispirata a un insieme coerente di valori e di principi sociali. Il richiamo a Mattei è particolarmente importante perché attribuisce una specifica centralità alla formazione della classe dirigente locale, a indicare lo stretto legame tra educazione e sviluppo economico-sociale delle aree più povere».

Mentre molti progetti sono già attivi, l’impegno che l’Università si assume è di «proseguire e potenziare le iniziative con l’Africa in stretta sinergia con le realtà che già vi operano, da quelle cattoliche a quelle internazionalmente riconosciute come Unesco e Fao». Un Piano che necessiterà anche di risorse finanziarie. Un aspetto che la professoressa Beccalli è convinta non debba intimidire, fidando sulla tenace speranza già propria dei fondatori dell’Ateneo. Armida Barelli ci avrebbe scommesso.

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